a Patti, sempre
CONFINE è stato presentato in forma di reading all'interno del Premio Candoni, a Udine, nell'autunno 2005. Ha poi debuttato in forma di spettacolo al festival di Santarcangelo nel luglio 2006. Nella primavera 2007, a Bologna, ha avuto luogo una ulteriore evoluzione del lavoro. CONFINE è un cantiere narrativo, teatrale e musicale tuttora aperto.
CONFINE è stato presentato in forma di reading all'interno del Premio Candoni, a Udine, nell'autunno 2005. Ha poi debuttato in forma di spettacolo al festival di Santarcangelo nel luglio 2006. Nella primavera 2007, a Bologna, ha avuto luogo una ulteriore evoluzione del lavoro. CONFINE è un cantiere narrativo, teatrale e musicale tuttora aperto.
Ragazzino
Sì
Ho
dormito per un anno col mio cane
Cioè
con la mia cagna, con Yuma
Yuma
si chiama
Ho
dormito un anno nella cuccia col mio cane
Perché
non volevo più dormire in casa dopo il fatto di mia mamma
Mia
mamma ha cercato di morire
Un
giorno ha cercato di piantarsi un coltello nel collo
Cioè
si è piantata un coltello nel collo ma non è morta
Non
ha preso bene il punto giusto e non è morta
Però
poi comunque io l'ho tirata su
C'era
comunque del sangue e allora ho chiamato la Sandra giù al ponte
La
mamma dei miei amici giù all'incrocio del ponte
Che
venisse a vedere lei
Son
corso perché c'era da far presto
E
poi mentre tornavo su dalla salita
Con
la Sandra, che correvamo su verso casa nostra
Ho
pensato:
Ma
se in questi minuti qua lei si dà un altro colpo col coltello?
Sì
era svenuta
L'ho
lasciata che era svenuta e tremava sotto il frigo
Cioè
tra il frigo e il tavolo, in cucina, al buio
Con
le persiane chiuse per via del caldo
Con
Yuma che dal recinto abbaiava abbaiava
Che
voleva uscire, che aveva capito che era successo qualche cosa
E
io e la Sandra a correre su per la salita
E
io che pensavo:
Ma
se in questi minuti qua lei s'è data un altro colpo col coltello?
Sta
zitta Yuma le
ho urlato dalla rete metallica
Io
e lei a due dita
La
mia bocca e il muso di Yuma
C'era
solo la rete metallica che ci divideva
Sta
zitta e
lei che mi leccava e piangeva che voleva vedere anche lei
Che
voleva uscire perché si vede che aveva sentito qualche cosa
E
io dalla rete della cuccia guardavo la Sandra che correva su per le
scale
Che
faceva due gradini alla volta
E
le sono andato dietro
Sono
entrato che mia mamma era seduta per terra con la schiena appoggiata
al frigo
Con
gli occhi aperti e una faccia bianca
E
con una mano si teneva il collo tutto sporco di sangue
E
la Sandra che parlava con quelli del 118
E
mentre parla con loro
Mentre
aspetta che le passino il dottore forse
Mentre
aspetta qualcosa mi dice stai
vicino a tua madre
E
dopo sì
sì è cosciente ha gli occhi aperti
Anche
se la mamma aveva una faccia strana secondo me
Non
guardava da nessuna parte
Cioè
gli occhi li sbatteva stai
vicino a tua madre però
non guardava niente
Guardava
verso il corridoio ma il corridoio era tutto buio
Mi
sono voltato per vedere se c'era qualcosa ma c'era solo il buio
Tremava
E
si teneva una mano sul collo
E
io avevo paura a andarle vicino perché non volevo farle qualche
danno
Farla
arrabbiare, disturbarla
Volevo
farla star tranquilla e allora stavo lì vicino alla porta
Mentre
la Sandra sentivo che continuava a parlare coi dottori urlando sempre
di più
Ho
provato a parlarle ma non mi risponde
Respira
sì, respira e ha gli occhi aperti
E
quando alla fine ha messo giù
Le
è andata vicino e le diceva di stare tranquilla
Che
non era successo mica niente
Che
adesso arrivava il dottore e vedeva cosa si era fatta
Che
vedrai che non è mica niente di grave e che c'è Andrea qua guarda
C'è
Andrea che ti aiuta a tirarti su se hai bisogno
Eh
Andrea che l'aiuti la mamma a tirarsi su?
E
allora mia madre si è come svegliata e mi ha guardato
Ecco
sì vedi che c'è Andrea qua diceva
la Sandra
E
mia madre che mi guardava
Ma
secondo me non capiva che ero io
Vuoi
che apro un po' le finestre vuoi un po' di luce?
Chiedeva
la Sandra inginocchiata di fianco a mia mamma
E
a me quello sguardo lì di mia mamma mi ha fatto un po' paura
E'
normale, non stava bene
Però
mi ha fatto paura lo stesso
E
allora ho guardato fuori dalla finestra
E
ho sentito Yuma che continuava a abbaiare
E
poi anche una voce di donna
Che
piangeva e urlava di aprire il cancello
Era
la voce della Giuliana
La
Giuliana è una zia di mio padre che zoppica
Che
ha avuto una malattia da bambina
Che
però una volta a cena mio papà aveva bevuto
E
ha detto che lui l'aveva fatto per noi di tornare quassù
In
questo buco di paese dove tutti scopano tra parenti
E
poi si vede che vengon fuori degli aborti come la Giuliana o come
Faustino
Che
è un mio cugino handicappato
Comunque
a parte mio padre gli altri dicono che è zoppa per via di una
malattia che ha avuto da piccola
E
la Giuliana adesso era là al nostro cancello
Si
vede che aveva sentito urlare e era scesa giù a vedere cos'era
successo
E
la Sandra mi fa non
dirle niente veh
Dì
che la mamma non si sente bene e che ci sono qua io, che torni a casa
tranquilla Vai valà che quella là fa un casino
E
allora son corso fuori
E
appena son stato sul pianerottolo fuori, dove cominciano le scale
Mi
son accorto di che sole c'era e che caldo faceva
E
c'era Yuma che piangeva e la Giuliana anche che piangeva
Mo
cos'è sucesso 'ndrea mo cos'è successo si può sapere?
Con
le mani alle sbarre del cancello e Yuma in piedi sulle zampe di
dietro
Appoggiata
alla rete metallica del gabbiotto della cuccia
Tutte
e due che mi guardavano e piangevano
E
io che stavo lì sul balcone
Sul
pianerottolo della scala esterna senza muovermi
Non
so
Ero
come bloccato
Avevo
davanti agli occhi lo sguardo della mamma che mi guardava ma non mi
riconosceva
E
pensavo: forse non mi riconoscerà più
Può
essere che le sia venuta una malattia che non riesce più a
riconoscermi
Non
è successo niente Giuliana
Vai
pur a casa che ci son qua io con la Laura che non si sente bene
Vai
pur a casa che ci siam spaventati per niente
Era
la Sandra che aveva cambiato voce
E
mi abbracciava e si metteva a posto i capelli
E
faceva la tranquilla per far smettere tutto quel pianto di Yuma e
della Giuliana
Che
allora aveva quasi deciso di tornare a casa
Convinta
non era convinta ma la Sandra le spiegava si inventava
E
in quel mentre ho sentito la sirena dell'ambulanza che si avvicinava
E
la Sandra che sottovoce diceva porcodio
e
tornava dentro
Mentre
il cane e la zoppa ricominciavano a piangere
E
allora io son sceso giù per le scale
Ho
aperto il cancello in sbando per i dottori
La
Giuliana s'è infilata dentro il cortile e ha incominciato a
zoppicare su per le scale
Dicendo
un rosario mi sembrava
E
io ho aperto il cancelletto della cuccia e sono entrato dentro
Con
Yuma che saltava, mi leccava, piangeva
E
da lì, dalla cuccia
Abbracciato
a Yuma che continuava a leccarmi
Ho
visto correre su un uomo e una donna con delle valigette
Che
chiedevano a Giuliana dov'era la mamma
E
lei che diceva Mo
non so niente, sto 'ndando a vedere 'desso anch'io
E
loro che la superavano su per le scale e lei che piangeva le sue
avemarie
E
era ancora al primo pianerottolo che loro stavano già entrando in
cucina
E
a me era venuta una stanchezza una stanchezza
Di
quelle molto grosse
E
l'ultima cosa che mi ricordo
E'
un uomo vestito come i due con la valigetta
Con
una giacchetta fosforescente con una croce arancio
Che
forse era quello che guidava l'ambulanza
Che
da dietro la rete della cuccia di Yuma dice
Che
bello quel cane che razza è?
E
io che mi sento una stanchezza addosso ma una stanchezza
Gli
dico e forse stavo già quasi dormendo
Ma
mi sembra di no secondo me ho fatto in tempo
E
gli ho risposto
Gli
ho detto
Bastardo
Madre
Non
era la parola che volevo interrompere
O
forse sì ma non era la voce
Non
era la voce che volevo far tacere
La
mia voce infilandomi una diga d'acciaio
Una
piccola diga d'acciaio
A
tre millimetri dall'arteria carotidea come dice il dottore
Schivata
per caso
Per
un tremore improvviso della mano
Non
era questo il punto esatto del nodo
Che
sentivo più in basso, all'altezza dello stomaco
E
qualche volta più in alto, negli occhi
Tra
gli occhi, dietro la fronte
E
poi ancora laggiù dove il cuore non batte a sinistra ma in mezzo al
petto
E
brucia come una ferita che spara lava in bocca
Lava
amara, lava che corrode l'esofago
E
mi faceva piegare sul tavolo della cucina
Appoggiata
con tutto il corpo a una sedia
Ora
sono un passo indietro da tutto
E
vedo tutto così distante
I
nodi, la lama
E
una figura che si china sulla sedia di cucina
E
deglutisce a fatica
In
un'apnea che sembra non finire mai
E
che un gran respiro interrompe alla fine
E
la donna comincia a piangere, a lamentarsi
Nella
penombra della cucina di agosto
E
guardo quella donna e non sono io
Perché
io sono quella che la sta guardando
E
la vedo avvicinarsi lenta al cassetto delle posate
Aprirlo,
cercare con la mano destra
Rovistare
trai cucchiai e le forchette facendoli tintinnare
E
tirare fuori qualcosa che da qua non distinguo
Chiudere
il cassetto appoggiandovisi con tutto il corpo
Piegarsi
di nuovo, ma stavolta più lentamente, sul piano di lavoro della
cucina
Tra
il frigorifero e i fornelli
E
aspettare un tempo che mi sembra immenso in quella posizione
Appoggiata
alla cucina di noce come un mollusco a uno scoglio
Muovendosi
piano, impercettibilmente
Come
sbattuta su quello scoglio squadrato di legno
Fatto
di sportelli e di cassetti
Come
sbattuta da piccole onde di un mare calmo
E
poi si ferma
In
una fissità perfetta, innaturale
E
ora è la parete della cucina a muoversi
A
tremare, piano
Come
un terremoto che comincia col mare che si ritira
E
tutto lo scoglio di legno si scuote
E
tremano le posate nei cassetti
Le
casseruole dietro gli sportelli, i bicchieri dietro la vetrata
Il
contenitore dello zucchero, i piatti buoni del secondo reparto
E
quelli di ogni giorno nello scolapiatti sopra il lavabo
E
quel corpo immobile
Come
se non sentisse nulla
Come
se fosse altrove
Quel
corpo piantato come un chiodo nelle profondità di quello scoglio
E
alla fine vedo il momento in cui quel chiodo si stacca dallo scoglio
a cassetti della cucina
Con
un colpo secco
Con
un salto all'indietro, un grido
Una
caduta nel centro della cucina
Sul
pavimento appena lavato e non ancora del tutto asciutto
E
vedo la donna che trema
Sdraiata
sulle piastrelle umide
E
ora c'è silenzio
Le
cicale
Il
silenzio a scuri socchiusi del pomeriggio d'estate
Squarciato
all'improvviso solo dall'abbaiare di un cane
E
dalle grida di un ragazzino
Mentre
sale le scale di corsa
Ragazzino
Non
è che ce l'avessi con mia madre che si era sentita male
Solo
in casa non volevo starci
Mi
ero svegliato che Yuma ringhiava
E
c'era mio papà che diceva qualcosa da fuori della rete
Andrea
vieni fuori dai diceva
mio papà
E
io lo guardavo e non mi veniva da far niente, da dir niente
Non
ce l'avevo neanche con lui non ce l'avevo con nessuno
Yuma
gli ringhiava contro
E
lui che dava dei pugni sulla rete e Yuma che scattava e ringhiava
ancora di più
Con
la saliva che le cadeva dal muso come non avevo mai visto
Finché
mio papà ha capito che così non risolveva niente
E
ha girato attorno al recinto della cuccia
Ma
appena si è avvicinato per dirmi qualcosa
Subito
Yuma è arrivata anche lì e gli ha abbaiato in faccia
E
lui ha cominciato a calciare la rete e io sentivo tutti i cani che
abbaiavano
Il
barboncino della Giuliana
Il
bassotto della famiglia di Milano
I
cani da caccia della segheria
Tutti
che abbaiavano mentre mio papà prendeva a calci la rete che aveva
messo giù lui con le sue mani l'anno scorso
Con
Yuma che ringhiava e ormai non aveva più voce
E
mio papà che urlava
Vuoi
vedere se non ti ammazzo cane di merda a te
Vuoi
vedere se è la volta che non ti piglio a bastonate finchè crepi
porca madonna
E
c'era la Giuliana che diceva
Marino
non dir così davanti a tutti, stai calmo per l'amor di dio
E
mio zio
Il
fratello di mio papà che si chiama Luciano che lo teneva fermo
Mentre
mio padre diceva delle cose che gli avevo sentito dire solo una volta
che aveva litigato con la mamma per via di certi fiori che erano
arrivati a casa non si sa da chi
E
lui aveva spaccato il vetro del forno con un calcio
E
poi era andato al bar e aveva chiuso il cancello così forte che si
era rotto e non si chiudeva più
E
giù per la discesa fino al ponte gli ho sentito dire delle cose così
come adesso qua
Mentre
suo fratello lo tiene fermo e gli dice calmati
Marino calmati hai capito?
E
penso che anche adesso tutti in paese stanno sentendo
E
penso a cosa mi dirà la professoressa di italiano quando
ricominceranno le scuole
E
cosa scriverò quando dovrò fare il tema su come ho passato l'estate
E
chissà se questa estate passa o magari invece continua
Si
allunga si allunga e non viene più freddo
E
allora poi la gente si spiega perché delle cose come quelle di mia
madre succedono
E
se ne dimentica subito perché adesso la cosa più importante è
capire come fare con questo caldo fino a natale
E'
capire come mai è successo che dell'aria proprio calda
Dell'aria
africana
Si
è fermata qua sopra le montagne e ci dà questo caldo sempre
E
adesso si capisce perché la gente era nervosa adesso si capisce
tutto
E'
normale e la professoressa ce lo spiegherà
E
mi darà una carezza sulla testa e anzi dirà che le persone più
sensibili l'avevano capito subito
L'avevano
sentito subito che nell'aria c'era qualcosa che non andava
E
mentre guardavo mio padre e mio zio
Sudati
Uno
di fronte all'altro con le camicie zuppe
Con
delle macchie più scure sotto le ascelle e in mezzo alla pancia
Mio
padre e mio zio
Marino
e Luciano che si parlavano a voce bassa
Cioè
era mio zio Luciano che diceva certe cose a mio padre a voce bassa
E
mio padre vedevo che faceva sì con la testa
E
respirava col naso tirando indietro la schiena e gonfiando tutta la
pancia
E
Yuma adesso abbaiava una volta ogni tanto ma però forte e acuta
Come
un singhiozzo
E
rantolava dal caldo e lo sforzo
E
andava a bere nella sua ciotola che era quasi vuota
E
a un certo punto mio padre mi ha detto con una voce anche lui stanca
stanca
Andrea
vuoi venir fuori o stare lì dentro?
E
io lo guardavo per capire se adesso stava bene dopo che si era
arrabbiato
Se
si era calmato per davvero
O
magari invece da un momento all'altro prendeva la rete e tutto
E
si tirava dietro me, la cuccia e Yuma con una madonna
Che
a mio padre quando gli prendono i due minuti
Gli
viene una forza che non gliela daresti a uno con un fisico così
Magro
e nervoso come me ma però più basso
Con
la pancia ma con due gambette magre come le mie
Che
da giovane mi raccontava che sai quante volte faceva delle gare di
braccio di ferro dappertutto?
Andava
nelle trattorie di camionisti apposta
Loro
lo guardavano
Avevano
appena finito di mangiare e di bere, dal primo al caffè
Vedevano
questo qua mingherlino coi bermuda
Che
lui se li metteva apposta per far vedere le gambette che li fregava
E
lui che scommetteva con i tre più forti
Con
gli altri testimoni e tutto
E
uno dopo l'altro li batteva e loro sempre più a bocca aperta
Che
secondo me c'entrava anche il fatto che avevano appena mangiato e la
digestione e tutto
Ma
quando lo dico mio papà dice che invece questo è a maggior ragione
A
maggior ragione dice
E
allora io sto zitto
Comunque
una volta uno non voleva pagare la scommessa perché diceva che papà
aveva barato
Allora
un altro ha proposto di ripeterlo
E
già non era regolare dice
sempre papà quando lo racconta a tavola
Ma
io l'avevo battuto una volta lo battevo anche stavolta
Solo
dovevo stare attento che se lui mi chiede di rifarlo c'è sotto
qualcosa
E
infatti appena danno il via uno, un amico di quell'altro
Da
sotto il tavolo gli tocca le gambe a papà
Gli
cerca di toccargli in mezzo alle gambe
E
a me vien sempre da ridere quando lo racconta
E
allora papà prima stende giù quell'altro col braccio
E
avrebbe vinto lo stesso avrebbe vinto chiuso lì
Ma
per via del solletico non capisce più niente
Prende
il tavolo e lo butta in alto
Comicia
a prendere a botte l'amico che era ancora sotto al tavolo e non ha
fatto neanche in tempo a salire
E
non capisce niente quando papà gli dà un calcio in faccia e tutti
cominciano a menarsi e insomma sfasciano questo ristorante di pesce
che c'è tra Falconara e Montemarciano, nelle Marche
Che
c'è ancora adesso di fronte alla raffineria dice papà
E
nel casino lui riesce a scappare dalla finestra del cesso mentre
arriva la polizia
Ma
da quella volta deve cambiare zona e stare attento per un po'
E
alla fine praticamente smette con le scommesse e tutto
E
mentre lo guardavo adesso di là dalla rete
Con
suo fratello due metri dietro di lui che mi sorrideva
Papà
sembrava calmo ma io pensavo al ristorante di pesce di Falconara
E
cercavo di capire se adesso era davvero calmo o no
E
lui che mi diceva eh
Andrea vuoi uscire o vuoi stare lì?
E
io con calma gli ho detto sto
qua
Lui
mi guarda
Mio
zio gli mette una mano sulla spalla e gli dice
Lascialo
lì per oggi valà che poi quando gli passa esce da solo
E
mio papà che mi guarda
Io
lo guardo
Yuma
guarda un po' me e un po' lui
Mio
zio anche ci guarda e sorride e dice daj
su
Non
so se a me o a mio papà
E
mio papà che dice
Deh
ragass me pr'incoo i'ò fat assèe an
Che
vuol dire che basta, che non fa più niente
E
infatti va via e mio zio mi fa l'occhiolino e adesso vedo le loro
schiene
Le
camicie azzurre che sono diventate blu scuro per via del sudore
La
Giuliana che lo fa passare e gli dice qualcosa
E
il sole è andato giù ma fa ancora caldo
E
tutti salgono le scale esterne
E
dal pianerottolo prima di entrare solo la Giuliana mi guarda
La
Giuliana che è arrivata su un minuto dopo gli altri
E
prima di infilare la porta del soggiorno la Giuliana mi guarda
E
mi dà come una specie di benedizione
E
io ho pensato che dovevo farmi un segno della croce anch'io
Ma
solo dopo che era entrata
Che
non le do la soddisfazione di farlo davanti a lei
E
allora provavo a guardare quando entrava ma non si muoveva
Cioè
era già voltata per entrare ma si muoveva così piano
Così
piano che a me mi si chiudevano gli occhi
E
non ho pensato più a niente e mi son buttato giù
Scivolando
contro la cuccia di Yuma con la schiena
E
mi sono addormentato
Senza
segno della croce e senza niente
E
c'era silenzio adesso mi sembrava
Sì
C'era
silenzio
Madre
E'
sicuro che io stia bene?
Che
io non mi stia dissanguando?
Che
io non evapori qui dentro
Sotto
il neon di questa ambulanza che taglia le curve
Non
si agiti signora stia tranquilla
Io
mi sento come se scorressi via
Come
se l'ambulanza lasciasse una scia d'acqua sull'asfalto
Come
se la strada fosse un canale e l'auto una barca
Come
se tutti scorressimo verso la città
Scivolando
su quest'acqua che continua a uscire da me
E
io fossi soltanto una bocca
Una
bocca nella roccia da cui esce tutta quest'acqua
Perché
quest'acqua non può venire da me
E
perché questa è acqua
Non
è sangue non è muco è solo acqua
Signora
stia ferma che tra poco arriviamo dici
tu forandomi l'avambraccio
Così
che un poco dell'acqua che perdo torni dentro di me
Mentre
l'ambulanza passa per incroci familiari
E
io riconosco la strada senza guardare fuori
Senza
nemmeno dover sbirciare pezzi di paesaggio
Attraverso
la piccola striscia di vetro non oscurata
Riconosco
le sconnessioni dell'asfalto
La
successione di curve e rettilinei che portano alla città
Dove
arriverò come una regina sollevata dal seguito
Legata
a una lettiga con una flebo al braccio
Vedermi
portata via con questa pazienza
Con
questa naturalezza
La
faccio ridere signora?
Non
sei tu, è la scena che vedo
Io
te l'autista
E'
la scena che vedo che mi mette di buon umore
E'
questa corsa sull'acqua cominciata dalla cucina di casa mia
Questa
fonte che la punta di un piccone ha aperto
Il
polso di un operaio rabdomante
Che
per anni ha soltanto studiato le carte
E
in un colpo solo, oggi, ha trovato la vena
Quest'acqua
che ha cominciato a scorrere e che rende tutto leggero
E
presente e vivo
Vivo
come non ricordavo qualcosa potesse essere
Tanto
che non sono sicura di quello che sta accadendo
Tutto
bene signora, tutto a posto?
Non
sono sicura di essere io
Non
sono più sicura che questa sia davvero un'ambulanza
Che
tu sia un infermiere
Che
queste siano le terre dove sono venuta ad abitare
Signora
non mi dica che ha sonno che non le credo sa
E
forse è così che la vita si travasa
E'
questo che accade in quel momento
Qualcosa
come non ci siamo mai immaginati
Un
passaggio istantaneo
Dopo
l'ultimo respiro là
Subito
il primo qui
Così
che niente davvero si interrompe
Allora
è così che succede, in un attimo
Ecco
così mi piace signora, col sorriso
Ed
è qui che sono ora
Tutta
protesa in avanti come un fiume
La
cui natura è scorrere e io sto scorrendo
Legata
qua sto scorrendo
Ancora
prossima alla fonte
Ancora
forte e necessaria
Come
qualcosa che è appena cominciato
Ragazzino
Mi
son svegliato che era buio
E
avevo la luce di una torcia elettrica in faccia
Yuma
non abbaiava
Era
accoccolata di fianco a me e ringhiava appena appena
La
torcia puntava verso di noi
Poi
quello che la teneva l'ha agganciata alla rete metallica
Così
illuminava in basso, un po' me un po' lui
Io
gli vedevo solo le braghe, sopra era tutto buio
La
luce della cucina era accesa
E
si sentivano le voci di mio papà, dello zio Luciano e della Sandra
Guardando
bene oltre la luce della torcia
Dopo
un po' gli occhi hanno cominciato a abituarsi al buio
E
ho visto che c'era una ragazza
Seduta
per terra sullo stradello di cemento che porta al pollaio
Era
vestita da maschio
Con
una salopette di jeans con le toppe di camoscio
Però
i capelli li aveva lunghi e una bella faccia da femmina
Col
rossetto anche secondo me
Mi
guardava
Sorrideva
e io le vedevo i denti
Sembrava
tranquilla e che poteva star così tutta la notte senza dir niente
E
io anche
Da
gran che mi piaceva la sua faccia
E
il modo che aveva di star seduta per terra con le gambe incrociate
come gli indiani
Andrea
dormi?
Aveva
una bella voce
Io
mi sono raddrizzato tenendo buona Yuma con delle carezze sul naso e
le ho detto Come fai a
sapere come mi chiamo?
Me
l'ha detto tuo papà
Io
sono Cristina e volevo parlare un po' con te se hai voglia sennò
niente
Ma
perché te vuoi parlare con me?
Che
son troppo piccolo per te
E
lei si è messa a ridere e ha detto che per esser così piccolo di
casino ne avevo fatto un bel po'
Ma
che però lei capiva e che se volevo stare nella cuccia per lei
andava bene
Solo
voleva sapere se avevo bisogno di qualcosa, tutto lì
Io
però non riuscivo ancora a capire perché stava lì seduta al buio a
tre metri da me
A
preoccuparsi se avevo bisogno di qualcosa
E
allora le ho chiesto se era un'amica del papà e lei mi ha detto che
sì
Era
un'amica del papà e della mamma, della famiglia insomma
E
allora come mai non l'avevo mai vista
A
qualche cena a qualche gita
E
allora lei ha fatto un sorriso e ha detto sveglio
te Andrea eh
E
ha cominciato a parlare
A
dire che lei era una assistentesociale
Che
è un nome che io non avevo mai sentito
E
lei mi ha spiegato che una assistentesociale
E'
uno che se c'è un problema
Va
dalla persona che ha il problema e le chiede se ha bisogno di
qualcosa
E
se ha bisogno di qualcosa glielo dà altrimenti va via, niente, amici
come prima
E
a me sembrava una cosa strana che uno venisse pagato per fare un
mestiere così
Che
fosse un mestiere dico mi sembrava strano
Perché
tante di quelle volte avevo visto della gente andare da qualcuno dopo
che era successo qualcosa a chiedergli se per caso aveva bisogno di
una mano
E
cercavo di ricordarmi se sapevo di sicuro che quelle persone lì
Non
prendevano dei soldi per andare a chiedere se c'era bisogno
E
magari invece prendevano dei soldi e io non lo sapevo
E
pensavo che da grande mi sarebbe piaciuto fare un mestiere così
Che
non avrei mica fatto tanta fatica
E
le ho chiesto se si guadagnava molto e lei mi ha detto no,
non molto
E io
ci ho creduto perché infatti è strano come mestiere
E
lei intanto mi parlava
Mi
chiedeva che musica ascoltavo
Mi
parlava dei gruppi che piacevano a lei
Ma
io di musica non è che ne ascolti tanta
L'unico
disco che ascolto è uno di papà che ho trovato in macchina da lui
Con
una copertina bellissima che è una foto di una specie di palla di
ferro con delle punte
Che
non so cos'è ma mi è sempre piaciuta quella foto lì
E
allora parlando con lei
Che
voleva che la chiamassi Cristina
E
era la prima volta che io parlavo da solo con una ragazza della sua
età
Lei
diceva se per caso non era un disco dei ren
Che
è un gruppo americano che lei però delle volte chiamava anche ai
em
Che
però vuol dire io
sono
E lo
so perché in inglese non vado male
E
lei diceva che questi ren
o ai em
erano uno dei suoi gruppi preferiti
E
se mi ricordavo qualche canzone
E
io forse me ne sarei anche ricordata una ma mi vergognavo
E
non mi veniva neanche in mente di mettermi a cantare lì davanti a
lei
E
mentre lei parlava io pensavo al sentiero nel bosco
E
al fiume dove oggi dovevo andare a fare il bagno con Matteo e Luca
Che
sono i figli della Sandra
Al
fiume ci andiamo tutti i giorni di pomeriggio
Catturiamo
le salamandre sotto i sassi poi le liberiamo
Anche
i gamberi
Bianchi
quasi trasparenti bellissimi
Luca
si tuffa a bomba dalla roccia col muschio
E
io chiudo gli occhi dalla paura
E
li riapro solo quando lo sento urlare per il freddo dell'acqua
Che
papà dice che son nove gradi anche d'estate
E
poi il sole verso le cinque gira
E
illumina proprio a picco la nostra pozza verde
E
allora si vedono anche le trote sotto
Nere
e lente che cambiano traiettoria per schivare i nostri sassi
E
tornando quando arriviamo al campo degli orti rallentiamo e stiamo
zitti
Per
spaventare i carboni
Che
sono dei serpenti neri che stanno sul sentiero a prendere il sole
E
appena ci sentono scattano dentro le loro tane dentro il muretto
E
una volta Matteo ne ha catturato uno con un bastone apposta che si
era costruito lui Che finiva in una specie di v così poteva
stringere il collo al serpente e bloccarlo a terra
E
il carbone si agitava e si attorcigliava al bastone
E
Matteo allora aveva girato il bastone per farci vedere la faccia del
serpente
E
io e Luca ci eravamo chinati
E
guardavamo quel muso che apriva la bocca ogni secondo come per
respirare o per mordere con quegli occhi da pesce secco
E
mentre pensavo a queste cose mi ero accorto che la Cristina non
parlava più
Forse
aveva fatto una domanda e io non l'avevo sentita
E
lei allora ha detto se volevo star da solo
No
E
se avevo voglia di vedere la mamma
Io
subito le ho chiesto dov'era e come stava
Però
immaginandomi che era morta di sicuro
O
se non era morta aveva quello sguardo là
Ma
la Cristina mi ha detto che no che stava bene
Che
era all'ospedale e che voleva vedermi
E
io volevo chiederle se lei l'aveva vista e che sguardo aveva
Perché
non so se volevo vederla io così
E
la Cristina adesso diceva che se avevo voglia
Poteva
portarmi lei domani con la macchina
Ma
io avevo paura che poi papà mi avrebbe obbligato a dormire in casa
Ma
lei ha detto che giurava che potevo dormire dove volevo
Perché
non conosceva papà
E
allora lei all'improvviso ha staccato la torcia dalla rete e è
diventato tutto buio
E
ho visto la Cristina
Cioè
la luce della torcia che lei teneva in mano
Salire
le scale esterne veloce
Arrivare
al pianerottolo
Aprire
la porta della cucina da cui per un attimo era uscita nella notte la
luce del neon
E
appena la Cristina è entrata in casa ho sentito le voci che si
zittivano
E
attraverso le finestre aperte ho sentito lei che parlava
E
diceva delle cose che non capivo
E
mi rimanevano impresse delle parole
Lealtà
percorsi cura dimostrazione carico
E
mi sembrava una poesia scritta in un'altra lingua
Ma
sentivo il suo modo di recitarla questa poesia
Il
suo modo di parlare e mi sembrava forte
Mi
sembrava che stesse vincendo
E
alla fine c'è stato un silenzio lungo
E
poi la porta si è riaperta e ho visto tutti che scendevano
Con
la Cristina davanti che illuminava i gradini
Papà
aveva acceso la luce delle scale e per un attimo si era illuminato
tutto il cortile Ma la Cristina gli ha chiesto di spegnerla e tutti
adesso scendevano piano
Al
buio
La
porta della cucina era rimasta socchiusa
E
usciva una striscia di neon a forma di elle che illuminava il muro
del fienile
Yuma
aveva ricominciato a ringhiare
E
adesso tutti erano davanti alla rete della cuccia illuminati dalla
torcia
E
vedevo la Sandra lo zio Luciano
Papà
si schermava la faccia e diceva che non mi vedeva
E
allora la Cristina ha messo la torcia appesa alla rete come prima
Papà
si è accovacciato
Mi
ha detto ciao Andrea e
io gli ho risposto ciao
Stai
bene?
Vuoi
andare a trovare la mamma domani?
Io
stavo zitto e allora papà ha guardato la Cristina e lei gli ha fatto
sì con la testa
E
lui allora mi ha detto
Io
ci sono andato oggi e mi ha chiesto se la vuoi andare a trovare
Se
vuoi andare ti giuro che quando torni puoi dormire qui con Yuma
Te
lo giuro davanti a tutti
E
aveva una voce che non gli avevo mai sentito
Come
se davvero non gliene fregasse niente dove dormivo
E
io mi son spaventato perché voleva dire che la mamma stava male
davvero
E
allora dovevo vederla
Essere
forte e vederla
E
ho detto a tutti va
bene sì ci vado buona notte
Mi
sono infilato nel mio sacco a pelo
Che
non so chi me l'aveva buttato dentro
Se
la Sandra, il papà, lo zio Luciano non l'ho mai chiesto
E
ho sentito che tutti si salutavano in fretta e papà ha chiuso il
cancello
Ha
risalito le scale
Ha
spento tutte le luci
Ma
non è entrato in casa
E
io sapevo che adesso era lì sul balcone seduto sulla sedia
impagliata
Al
buio
A
guardare davanti a lui
Forse
per vedere se nel buio
Riusciva
a distinguere la macchia chiara del mio sacco a pelo
O
forse a guardare il paese e la valle
Gli
stop della macchina della Cristina che sparivano dietro la curva
della segheria
Io
stavo immobile
Con
le orecchie tese per sentire qualcosa ma non ho sentito niente
Non
so se quella notte ha dormito fuori anche lui
Il
cielo era limpido però
Pieno
di stelle
L'aria
era fresca ma si stava bene
E
dopo un sospiro di Yuma
Nel
silenzio della notte con solo i fischi dei grilli
E
il rumore del trasformatore dell'enel
Mi
sono addormentato
Era
la prima notte senza la mamma
Madre
Scorro
più piano, vado più piano
Eppure
non mi sono ancora fermata
Indifferente
a questi letti d'acciaio
A
questi comodini smaltati
A
questo caldo assurdo dai termosifoni
All'odore
dell'alcool
Il
corpo ha perso gli spigoli
E
percorre le ore della giornata scivolando
Anche
il respiro si muove
Sembra
la chioma di un faggio che fruscia
Come
se gli alveoli dei bronchi fossero foglie
E
la trachea un tronco capovolto
C'è
aria
E
la mia carne si spettina
Appoggiata
su questo letto in un sorriso imbarazzato
Come
si sente oggi signora?
Il
sorriso scemo di chi abbia ricevuto qualcosa di troppo prezioso
E
non sappia ancora che farsene
E
lo continui a osservare
A
percorrere con lo sguardo senza decidersi a toccarlo
Anch'io
qui
Appoggiata
di peso su questo letto
Alzo
lo sguardo
E
percorro per tutto il tempo di veglia
I
contorni del mondo che comincia di fronte a me
E
prima abbraccio questa camera
Con
i due letti e il sole dietro i pini
Poi
il corridoio sempre buio
Poi
tutto questo lungo edificio basso
Che
invade il parco come una partita di domino
E
poi tutto il parco, i prati appena tosati
Gli
alberi rari
I
grandi tronchi dei tigli segati alla base
Aperti
dal fulmine una notte
E
abbattuti la mattina dopo
I
vialetti ordinati della parte vecchia
Gli
edifici del manicomio
Con
la chiesetta, il teatrino, le cucine
Un
villaggio come nei giochi dei bambini
Strade
e viali di una geografia ideale
Fatta
di angoli retti e di misure fisse
Poi
allargo ancora lo sguardo
Fino
ai limiti del parco segnati dallo scorrere delle rogge
Quest'acqua
alpina incanalata fino al mare
Queste
piccole vene fresche in cui tanti si sono gettati
Sognando
il mare
Sognando
la corrente sotto di sé
Sognando
di dormire e ridere portati dall'acqua
E
non fosse stato per le griglie di ferro su cui s'incagliano i rifiuti
Al
mare ci sarebbero arrivati
E
forse vivi, di nuovo
Come
me
Che
ora non faccio che riempire il tempo
Con
questi lunghi esercizi di sguardo
In
questa scuola silenziosa senza maestri
In
questa quieta scuola soltanto di allievi
Da
cui alzo lo sguardo anche oltre le rogge
E
ora abbraccio tutto il quartiere
Con
i suoi distributori le sue fabbriche
La
fabbrica di cibo per cani
Che
nei giorni di vento spande fin qua il suo odore di brodo
Il
deposito di lamiere con le montagne di cubi pressati
I
binari della ferrovia che infilzano gli isolati da ogni parte
Interrompendo
strade
Facendo
spuntare dal nulla incroci assurdi
Binari
che si placano solo arrivando in stazione
E
poi tutta la città
Questa
cascata di tetti
E
sotto i tetti il quotidiano lavoro degli uomini
Al
caldo, al riparo dal vento
Da
questo vento che ammala
O
forse no
Forse
gli uomini si ammalano proprio dentro quelle stanze
Dove
si combattono guerre con la parte più intima di ognuno
Come
arma
Guerre
che non comprenderesti
Guardando
dalle finestre dentro gli uffici, dentro le case
Perché
quello che vedresti sarebbero corpi fermi
Bocche
che parlano
Mani
che giocano con matite
Denti
che palleggiano pezzi di gomma al sapore di menta
Orecchie
che ascoltano voci
Dentro
piccoli cilindri di plastica
Eppure
Eserciti
nascosti combattono
Laggiù
in fondo dove l'acqua ti aspetteresti fosse ferma, quieta
Una
schiera di piccoli eserciti non fa che annodare corde
Alzare
mura
Tirare
e parare frecce
Ma
alzando ancora lo sguardo
La
città si riduce a un insieme di pieni e di vuoti
Di
linee e volumi disposti secondo un ordine misterioso
E
appaiono i campi
E
poi le strisce chiare delle strade
Su
cui scorrono le formiche di latta delle automobili
E
poi i primi boschi
Scuri
e fitti dove la vita degli animali
Procede
secondo regole che a noi sembrano meno incerte
Ma
che invece mutano al ritmo dei singhiozzi del clima
Che
a ogni stagione si fanno più rumorosi
Imponendo
digiuni
Impedendo
letarghi
Eppure
anche tutto questo scompare
Alzando
ancora un po' lo sguardo
Fino
a che i boschi, i campi, le città
Persino
le montagne con le loro cime di granito
Non
sono che macchie senza più forma
E'
allora che appare il mare
Enorme
e uniforme
Una
voragine scura che rimanda indietro i pensieri di chi guarda
Come
se tutto il rumore tutto il movimento tutte le luci
Tutta
la storia della terra
Scomparissero
in proporzione a quanto mare appare
Eppure
alzando ancora lo sguardo
Vedi
che persino il mare ha fine
E
cominci a vedere i contorni del pianeta
La
lunga curva del mondo che gira
Questa
terra cocciuta e fedele che arranca attorno al suo asse
Sospesa
in un angolo del cosmo
E
se ti allontani ancora
Ecco
la biglia azzurra brillare nel buio della distanza
E
diventare piano piano quello che per noi sono le altre stelle e i
pianeti
Piccoli
punti di luce in un buio eterno
Granelli
che si accendono e spengono
In
un gioco alternato di cui non riusciamo nemmeno a intuire le regole
Né
i motivi
E
quando lo sguardo si posa di nuovo su queste sedie di latta
Sull'area
di sole che scalda le mattonelle del pavimento
Forse
per la stanchezza di aver guardato così tanto
Gli
occhi piangono
E
ora l'acqua mi impedisce di guardare
E
chiudo le palpebre
E
le ciglia difendono il buio
Il
buio perfetto del cosmo
Che
ora si proietta sullo schermo concavo dell'interno dei miei occhi
E
mentre le lacrime scorrono sulle tempie
Fino
a dietro le orecchie come stanghette di occhiali d'acqua salata
Ora
Qui
Il
mio pensiero tace
Sospeso
nel buio del respiro
In
questa notte ventosa che scuote la chioma di faggio dei polmoni
Col
tronco quieto della trachea che porta linfa
Quest'albero
che trasforma il fumo in aria chiara
Fino
alla fine
Fino
all'ultimo giorno qui
E
al primo là
Il
buio e la luce
Di
una stessa giornata
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